Il palio è una delle più interessanti manifestazioni folkloristiche connesse alla ritualità carnevalesca, ed una delle superstiti testimonianze dell'atavica cultura contadina e delle tradizioni popolari di Palo del Colle.
"Viccio", in dialetto palese, significa tacchino.
Il gioco di apertura del Palio è rappresentato da antichi giochi medioevali.
In gara ci sono 10 squadre, ognuna composta da 8 persone che si cimenteranno con la corsa coi sacchi a staffetta, arrampicarsi sull'albero della cuccagna...
tiro alla fune....
...e tiro con l'arco.
Per ogni gioco ci sarà un punteggio. Vince la squadra che colleziona il punteggio più alto.
Quando si parla di Palo del Colle, spesso si associa il nome del paese al "Palio del Viccio", evento leggendario di epoca storica non ben definita, forse risalente addirittura ai tempi di Plinio il Vecchio (23 d.C.).
Un momento di festa, di giubilo che in origine aveva una valenza antropologica, legata ai riti per scacciare malocchio e sfortune e, solo successivamente, una dimensione storica e religiosa.
La tradizione vuole che sia nato come momento di esibizione della maestria degli allevatori nell’addestramento dei cavalli (in paese tutt’oggi sono presenti numerose scuderie), poi diventato una vera e propria dichiarazione identitaria, sociale e comunitaria: ogni cavaliere simboleggia una famiglia, un “rione” con proprie storie, monumenti e Santi protettori.
Nonostante si svolga il Martedì Grasso, non è “puro folklore” di tipo carnevalesco, ma ha una serie notevole di significati etnologici ed antropologici.
C’è innanzitutto la componente della “tenzone cavalleresca”.
Si è scoperto che il più "importante" allevamento dei cavalli nella zona è iniziato nel 1477 da Maria Sforza, che aveva una grande passione per i cavalli.
L’allevamento fu largamente sviluppato da Ludovico il Moro, che pur possedendo altre “difese” in diverse città pugliesi e calabresi, aveva in quella di Palo la “difesa” più preziosa e rinomata, per le razze pregiate dei cavalli.
In tale allevamento, la corsa del “viccio” affonda certamente le sue radici.
Può essere avvenuto che, quando nel 1477 il duca Sforza Maria venne a Bari e fece una visita a Palo, gli addetti alla “difesa” vollero dimostrare la bontà e il grado di addestramento dei cavalli, oltre alla perizia di chi li montava, con la esibizione di una corsa in salita, lungo il pendio della collina che portava alla porta del castello.
Una gara nata, insomma, come dimostrazione della efficienza dell’allevamento.
Ancora oggi, il palio trova la sua cornice storica in Corso Garibaldi, strada in salita e arteria principale del centro cittadino, che sfocia in Piazza Santa Croce.
A metà strada viene posizionata una corda tesa tra due balconi a cui vengono agganciati una gabbia con un tacchino (u’vicce in dialetto) e, al centro, una vescica piena d’acqua.
Obiettivo della giostra, è bucare la vescica con un’asta acuminata, stando a cavallo, e alzandosi sulle staffe.
L’abilità e la destrezza del cavaliere è equilibrare e coordinare la velocità dell’animale (in netta difficoltà per la conformazione della strada in evidente salita) con la tensione e la postura del proprio corpo: ciò lo porta ad esibirsi in una serie di gesti spettacolari e cavalcate emozionanti.
Ma se la presenza di allevamenti equini nel territorio potrebbe spiegare la forma di torneo cavalleresco assunto dal Palio, non è chiaro il ruolo centrale che in questo rito-spettacolo svolge il “viccio”, cioè il tacchino, che tra l’altro, compare più tardi.
In realtà, il protagonismo del gallinaceo, che è il vero oggetto del contendere e il fulcro attorno a cui ruota la giostra cavalleresca, spinge a cercare più indietro e a diverso livello l’origine del palio ed è connesso alla ritualità, con la duplice funzione propiziatoria e apotropaica, legata al ciclo agrario.
A tal proposito, se è vero che il tacchino è giunto in Europa dopo la conquista del Messico, sua terra originaria, da parte di Cortez nel 1522, è probabile che esso abbia sostituito la funzione del gallo che costituisce il suo antecedente.
Il tacchino, cioè, altro non è se non la variante aggiornata e risalente appunto alla scoperta del Nuovo Mondo, del preesistente gallo.
Come in ogni palio che si rispetti, la tensione emotiva è legata al tempo: in un crescendo di emozioni gli spettatori si immergono in una “storia”, anzi nella storia, calandosi in un universo di significati che raggiungono il culmine nella vittoria del cavaliere di turno, osannato dalla folla nel tripudio generale.
Un tempo lo spettacolo era molto cruento, visto che al posto della borsa c'era un vero "viccio".
Oggi è rimasta comunque intatta la bellezza della giostra, in cui ogni partecipante è chiamato a dimostrare abilità e coraggio.
All'interno del percorso ci sono giocolieri, mangiafuoco e musici, mentre in Piazza Santa Croce sono previsti diversi tornei d'arme tra cavalieri appiedati e l'esibizione dei falconieri e degli sbandieratori.
Una comunità che riconosce ed acclama il proprio eroe, che porterà in alto i colori della contrada.
Sciolto il binomio tra cavaliere e scuderia, i cavalieri rappresenteranno solo i rioni e non più interessi privati!
La sera, dopo il palio, continua la sagra vera e propria con menù a base di tacchino, negli stand gastronomici in piazza, carri allegorici e gruppi mascherati, come nelle migliori tradizioni carnevalesche.
(foto e testi trovati nel web)
Oggi, 17 febbraio, si celebra anche la Festa nazionale del Gatto!
Questa è la mia micetta Audrey, ha circa 5/6 mesi ed è un gran coccolona!!
Auguri a tutti i micini!! Miaooooooooooo.... ahahah!
Felice Martedi Grasso a tutti!